diventa volontario

Far parte del team di hu.seed è entusiasmante. Siamo un gruppo di persone eterogeneo che cerca di rendere questo mondo un posto migliore per tutti e la cosa più bella è che ci divertiamo mentre lo facciamo.

Succede qualcosa di veramente forte quando decidi di investire il tuo tempo per donare della cura: esci dagli stereotipi in primis e cominci ad osservare le situazioni e le sofferenze attraverso un prisma. È come uno spogliarsi dal pietismo o dal ribrezzo che la marginalità provoca. Ecco cosa “mi ha fatto” Hu.Seed.
Nell’atto di chiedere “vuoi qualcosa da mangiare, hai voglia di frutta?” ci sono mille azioni: la cura innanzitutto, è vero, ma anche l’abbandonare il mantello del super eroe, quello che ti fa credere di essere un salvatore o una salvatrice.
Di fronte a te ci sono persone che come tali hanno sviluppato gusti e bisogni differenti e questi a prescindere dalla ragione che li ha portati a vivere per strada o attraversare decine di frontiere illegalmente. Durante la distribuzione con l’unità di strada, è capitato che qualcuno mi chiedesse se il nero gli donasse o se il blu stesse meglio con il suo incarnato. Qualcuno ha trovato stiloso che gli suggerissi di mettere il gilet sopra la giacca, in modo da sfruttare la taglia un po’ abbondante. In una sera particolarmente fredda una ragazza non ha comunque voluto il dolce perché non mangiava zuccheri.
Agli occhi di chi non valica il confine attraverso l’atto di porgere una scatoletta calda, può sembrare bizzarro o addirittura indegno (" ma come, vivono per strada e hanno anche delle pretese?").Per me, invece, è stato come guardare tutto a testa in giù e francamente mi sembra molto più normale così.

La marginalità è un tema che mi sta particolarmente a cuore. La vita di strada non è (quasi mai) una scelta ma, i motivi che spingono a questa condizione sono spesso fraintesi e non tollerati da chi non conosce le storie dietro a queste esistenze, o da chi è influenzato dalla paura e dai pregiudizi. I senza tetto si trovano così ad essere vittime due volte: della durezza della vita e dell'ostilità della gente. Questo è stato il motore che mi ha spinto a entrare a far parte dei volontari di HU.seed: la necessità di AGIRE per cambiare una situazione che trovo profondamente ingiusta e disumana. Il sabato sera usciamo per le strade di Vicenza portando pasti, vestiti e beni di prima necessità a chi non ha né una casa né il calore di una famiglia. Non si tratta solo di soddisfare un bisogno immediato: con loro parliamo, li ascoltiamo e, quando possibile, offriamo conforto o suggerimenti per affrontare le difficoltà che incontrano (sanitarie, abitative, lavorative). Il cuore della nostra missione è trasmettere un me

Lavorare con Hu.Seed mi ha fatto apprezzare profondamente il coraggio dei migranti di fronte a sfide incredibili. È un onore lavorare con volontari così delicati e premurosi. "La nostra vera nazionalità è l'umanità." H.G. Wells

Dignità? Spesso me lo chiedo cos'è o dov'è, nell'apparenza di tutte le cose di cui ci circondiamo x vivere bene, dignitosamente. Poi mi tornano sempre in mente queste parole "La persona umana ha dignità e valore,non importa di quale fragilità sia rivestita". L'accoglienza, il piacere di vederti, i grazie, lo scambio di qualche parola, i sorrisi, che ti offrono le persone che si va ad incontrare quando esco con Huseed credo proprio siano questi gesti che mi insegnano il valore della dignità.

È proprio quando rientri a casa il sabato sera, dopo averli incontrati per strada portando loro quel pasto caldo, che ti accorgi che tutte le cose che hai accumulato non valgono niente di fronte agli sguardi colmi di gratitudine che ti arrivano dritti al cuore. E ti solleva sapere che finalmente hai scelto di emergere dal mare nero dell'indifferenza. Se è vero che "l'umano arriva dove arriva l'amore", seminiamo l'amore affinché diventiamo tutti più umani.

Un po' alla volta nel tempo si è fatta strada dentro di me l’idea che avrei dovuto porre in essere alcune attività che mi allontanassero dal mio individualismo, e mi sono imposta di praticarle razionalmente, visto che l’animo mio non me le avrebbe mai dettate. Ho iniziato così ad avvicinarmi agli ultimi, a coloro che vivono per strada e che non solo non hanno niente, ma sono ignorati e sistematicamente scansati, oltre che dai perbenisti benpensanti, anche da tutte le altre categorie sociali, penultimi compresi. Ho deciso di dedicare parte del mio tempo a loro, preparando pasti e distribuendoli assieme ad altri generi di prima necessità. Il pensiero che riguarda i senzatetto porta con sé una sofferenza che ha a che fare in principal modo con la compassione, ma non è solo questo. Oltre al dolore e alla sensazione di impotenza che provo nell’avvicinare gli ultimi di una società che si trova oramai al crepuscolo morale di sé stessa, ho imparato ad ascoltare chi vive in strada esperendo che la persona senza fissa dimora, non avendo nella propria vita alcuno a cui consegnare le proprie parole, produce molto spesso delirio, o più semplicemente silenzio. Ed è di curare questi deliri e questi silenzi che una società imbarbarita, moralmente ed eticamente povera come la nostra avrebbe bisogno per liberarsi dall’egoismo e dall’indifferenza imperanti.